Con l’ordinanza n. 2788/2019 la Corte di Cassazione affronta nuovamente la problematica relativa alla distinzione tra danno biologico e danno morale ai fini risarcitori.
Il caso: M.C. e M.F. convenivano in giudizio l’Azienda Ospedaliera X chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non, subiti dall’attrice per l’esecuzione colposamente inidonea di un intervento chirurgico effettuato per il trattamento di un’ernia discale, seguito da una seconda operazione solo parzialmente riparatrice, con conseguente necessità, in chiave terapeutica, di significative cure fisioterapiche e farmacologiche.
Il tribunale accoglieva la domanda condannando l’Assicurazione, chiamata in garanzia dalla azienda convenuta, a tenere indenne la stessa nella misura della liquidazione risarcitoria accordata; la corte di appello riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, riducendo, la liquidazione del danno in favore dell’attrice, in conseguenza di un’invalidità permanente ritenuta sussistente in misura minore.
M.C. e M.F. ricorrono quindi in Cassazione, deducendo in particolare con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2059, cod. civ., in quanto la corte di appello avrebbe errato nel mancare di considerare la componente morale del danno non patrimoniale, illegittimamente ritenuta assorbita dalla liquidazione personalizzata del danno biologico e neppure valutata apprezzando la gravità della condotta colposa lesiva.
La Suprema Corte, nel ritenere fondata la censura, quanto al danno non patrimoniale ribadisce quanto segue:
- nel procedere all’accertamento e alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito deve tenere conto, da una parte, dell’insegnamento della Corte costituzionale (Corte cost. n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss.) e, dall’altra, del recente intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 c.d.a. come modificati dall’art. 1, comma 17, della legge 4 agosto 2017, n. 124, la cui nuova rubrica (“danno non patrimoniale”, sostituiva della precedente, “danno biologico”), e il cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale da quello morale;
- l’art. 138 al comma 2 lett. e) recita testualmente: «al fine di considerare la componente del danno morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico è incrementata in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione progressiva della liquidazione»;
- di conseguenza il giudice dovrà congiuntamente, ma distintamente, valutare la compiuta fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale) quanto quello dinamico-relazione (destinato a incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto);
- il giudice in particolare dovrà valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell’ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce “altro da sé”);
Pertanto la sentenza va cassata quanto all’erronea sovrapposizione tra «personalizzazione» della liquidazione del pregiudizio non patrimoniale e danno «morale», che dovrà essere autonomamente apprezzato e liquidato per le ragioni esposte.
Fonte: https://news.avvocatoandreani.it – Pubblicato 08 Marzo 2019 – A cura della Redazione