AFFITTO: QUALI OBBLIGHI NON SONO A CARICO DEL CONDUTTORE AL MOMENTO DELLA RICONSEGNA

Nei rapporti locatizi, al momento della cessazione del contratto di locazione, spesso ci si trova davanti alla richiesta del proprietario di riconsegnare l’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui era stato affittato, con la pretesa di stornare dal deposito cauzionale tutta una serie di “voci” molto spesso non dovute.

In primo luogo occorre evidenziare che la Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Sez. III, sent. n. 29329 del 13 novembre 2019) ha sancito che le spese per la ritinteggiatura non sono dovute e la eventuale clausola contrattuale che le prevede è nulla. Infatti la citata sentenza così recita : «La clausola che obbliga il conduttore a eliminare, al termine del rapporto, le conseguenze del deterioramento subito dalla cosa locata per il suo normale uso (nella specie ponendo a suo carico la spesa per la tinteggiatura delle pareti) deve considerarsi nulla, ai sensi dell’art. 79 della stessa legge 392/78 perché, addossando al conduttore una spesa di ordinaria manutenzione che la legge impone, di regola, a carico del locatore, attribuisce a quest’ultimo un vantaggio in aggiunta al canone, unico corrispettivo lecitamente pattuibile a carico del conduttore».

Sulla scorta di tale orientamento il Tribunale di Milano (Sent. n. 9637 del 19 novembre 2021) ha ribadito che molte delle voci spesso richieste in sede di sopraluogo sono in realtà riconducibili alla “normale usura” derivante dalla locazione. Queste situazioni, sempre ai sensi dell’articolo 1590 cod. civ., non sono mai imputabili al conduttore, sempre che del bene sia stato fatto un uso corretto e conforme al contratto.

 

Tra l’altro, come precisato dalla costante giurisprudenza della Cassazione, risultano nulle, ai sensi dell’art. 79 della Legge n. 392 del 1978, le pattuizioni tra le parti volte ad obbligare il conduttore ad eliminare, prima del rilascio, le conseguenze del deterioramento subito dalla cosa locata per il suo normale uso. Si tratta infatti di spese di ordinaria e “non piccola” manutenzione, poste dall’art. 1576 cod. civ. a carico del locatore; diversamente opinando si attribuirebbe a quest’ultimo un illegittimo vantaggio in aggiunta al canone (fra tutte Cass. Civ., sez. III, 5 agosto 2002, n. 11703).

Il Tribunale di Milano ha quindi provveduto a rigettare la domanda dei ricorrenti che nel dettaglio avevano lamentato i seguenti danni all’immobile:

-scalfiture sulla porta d’ingresso e rimozione della vernice di finitura;

– ballatoio macchiato in corrispondenza della porta d’ingresso;

– scalfitture sulla porta d’accesso ai bagni e rimozione della vernice di finitura;

– presenza di estese macchie su tutti i materassi;

– sedie con gambe, schienali e sedute deformati;

– tavoli con superficie di finitura rovinata;

– stipite della porta d’accesso alla camera danneggiato e vernice di finitura asportata;

– graffi e abrasioni sulle pareti;

– porta ghiaccio del frigorifero rotto;

– mobile sottolavello con anta dissestata e non allineata;

– zoccolino del sottolavello mancante;

– lavello in acciaio e miscelatore ammaccati;

– rigonfiamento del top cucina dovuto a prolungata esposizione ad umidità e/o acqua;

– vernice del calorifero della cucina rovinata; – forno in evidente stato di degrado;

– zoccolino del sottofinestra della cucina rovinato e distaccato;

– presa tv parzialmente distaccata dalla parete;

– pannello della doccia forato e scheggiato;

– fori nel rivestimento in ceramica delle pareti del bagno;

– cerniera dell’oblò della lavatrice rotta, con perdita di tenuta;

– esfoliazione dello strato di vernice del bagno per mancata aerazione del locale;

– ante della cabina armadio della camera dissestate

 

Il Tribunale infatti ha da una parte evidenziato che nulla era dovuto dal conduttore per  le varie scalfitture e necessità di ritinteggiatura alle porte ed alle pareti, sia per i fori lamentati nel box doccia, sia per i disassamenti delle ante dei mobili della cucina, dell’oblò della cucina e delle ante degli armadi, atteso che l’immobile è stato utilizzato per tre anni e non vi è prova che l’arredamento fornito fosse di eccezionale qualità; dall’altra ha ritenuto, nel caso specifico, superata la presunzione di cui all’art. 1590 c.c.

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