PROCEDURA DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

 

PROCEDURA DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO (L. 27.01.2012 n. 3 capo II – artt. 6 – 20) – ex D.L. 212/2011

Di seguito la sintesi delle disposizioni concernenti il tema della composizione della crisi da sovraindebitamento. Un tema di stretta attualità, uno strumento studiato per fornire al debitore (impresa non soggetta al fallimento, consumatore) che sia “scivolato” modi e termini per riprendersi, senza cadere nel baratro del fallimento.

Al fine di offrire uno strumento per la ristrutturazione dei debiti e la gestione negoziale della crisi anche ai soggetti “non fallibili” (ivi compresi i non imprenditori), il Legislatore è intervenuto, in rapida successione, dapprima con il D.L. 22 dicembre 2011, n. 212 e, in un secondo momento, con la Legge 27 gennaio 2012, n. 3. Poiché i predetti provvedimenti contenevano una disciplina in gran parte sovrapponibile, in sede di conversione del D.L. 212/2011 sono stati stralciati tutti gli articoli relativi all’argomento in esame. Di conseguenza, allo stato, la normativa di riferimento per la gestione del sovraindebitamento dei soggetti “non fallibili” è contenuta unicamente nella legge n. 3/2012, che è entrata in vigore il 29 febbraio 2012.

Più nel dettaglio, l’art. 6 della Legge 3/2012 espressamente prevede che, al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, il debitore può concludere un accordo con i suoi creditori, avvalendosi della procedura di composizione della crisi disciplinata dalla legge stessa.

Sempre l’art. 6 precisa, altresì, che per “sovraindebitamento” si intende una situazione di perdurante squilibrio tra i debiti ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché, la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

E’ dunque possibile accedere alla procedura in esame sia in caso di perdurante (ancorché non definitiva) illiquidità, che comunque si rifletta nell’incapacità di pagare i propri debiti, sia nel caso in cui la situazione di illiquidità sia insanabile, con conseguente “cronicità” della situazione di insolvenza.

La Legge 3/2012 precisa poi che il debitore “non fallibile”, in stato di “sovraindebitamento” (come sopra precisato) e che non abbia già fatto ricorso alla procedura in esame nei tre anni precedenti, può – con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi (di cui dirà oltre) – proporre ai propri creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti che deve:

  • assicurare il regolare pagamento dei creditori che non aderiscono all’accordo stesso (salva l’eventuale moratoria, di cui infra);
  • consentire l’integrale pagamento dei creditori privilegiati (che non abbiano rinunciato neppure parzialmente);
  • prevedere le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, le eventuali garanzie rilasciate, le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni;
  • nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che conferiscano, anche in garanzia, redditi o beni sufficienti per l’attuabilità dell’accordo.

Il piano può anche prevedere:

  • l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori;
  • la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione di redditi futuri;
  • al ricorrere di determinate condizioni, una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori che non aderiscono all’accordo.

La proposta di accordo deve essere depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede del debitore con l’elenco di tutti i creditori e l’indicazione delle somme ad essi dovute, l’attestazione della fattibilità del piano rilasciata dell’organismo di composizione della crisi e con l’ulteriore documentazione richiesta dall’art. 9 Legge 3/2012.

Verificata la sussistenza dei predetti requisiti, il giudice fissa immediatamente un’udienza.

L’organismo di composizione della crisi deve quindi dare avviso ai creditori della proposta del debitore e del provvedimento del giudice (tali atti devono anche essere pubblicizzati a cura dell’organismo medesimo).

Se non rileva iniziative o atti in frode ai creditori, all’udienza il giudice dispone, per un massimo di 120 giorni, il blocco delle azioni cautelari ed esecutive nonché il divieto di acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore. Tale provvedimento, contro cui i creditori possono proporre reclamo, non opera comunque nei confronti dei titolari di crediti impignorabili (come, ad esempio, i crediti alimentari).

Dopo l’udienza, i creditori che vogliono aderire all’accordo devono far pervenire all’organismo di composizione della crisi una dichiarazione sottoscritta con cui manifestano il proprio consenso alla proposta.

L’accordo potrà essere omologato solo se viene così prestato il consenso dei creditori rappresentanti almeno il 70% dei crediti.

Se tale percentuale viene raggiunta, l’organismo di composizione della crisi informa tutti i creditori con l’invio di una relazione cui è allegato anche il testo dell’accordo.

Nei dieci giorni successivi al ricevimento di tale relazione, i creditori possono sollevare eventuali contestazioni. Decorso tale ultimo termine, l’organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché una sua attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.

Previa verifica del raggiungimento della percentuale sopra indicata e verificata altresì l’idoneità del piano stesso ad assicurare il pagamento dei creditori che non hanno aderito, il giudice omologa l’accordo e ne dispone l’immediata pubblicazione.

Contro il provvedimento di omologa o contro l’eventuale suo diniego, può essere proposto reclamo al tribunale.

Dalla data dell’omologazione dell’accordo e per un periodo non superiore ad un anno, scatterà un nuovo blocco delle azioni cautelari ed esecutive nonché il divieto di acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore. Anche in questo caso, peraltro, il provvedimento non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.

All’organismo di composizione della crisi è demandato il compito di risolvere le difficoltà che dovessero insorgere nell’esecuzione dell’accordo e di vigilare sull’esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni irregolarità. Sulle eventuali contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi decide il giudice investito della procedura.

Se il piano prevede l’utilizzo di beni pignorati, il giudice deve nominare un liquidatore, che dispone di tali beni e delle somme incassate dalla loro vendita (il cui svincolo dovrà comunque essere autorizzato dal giudice che dovrà altresì ordinare la cancellazione del pignoramento e di ogni altro vincolo pregiudizievole).

In caso di mancato corretto adempimento di quanto previsto nel piano, ovvero in di sopravvenuta impossibilità di eseguirlo, o ancora se dovessero emergere condotte fraudolente del debitore, su iniziativa di ciascun creditore l’accordo può essere annullato o risolto dal tribunale. L’accordo, inoltre, è revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, nonché, ovviamente, se il debitore viene dichiarato fallito (ad es. in qualità di socio illimitatamente responsabile di una società di persone fallibile).

I comportamenti fraudolenti del debitore comportano anche sanzioni penali.

Così delineati i tratti essenziali del procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento (dei “non fallibili”), deve infine segnalarsi il ruolo particolarmente rilevante svolto, in tale ambito, dall’organismo di composizione della crisi, su cui vale pertanto la pena spendere qualche parola, anche in ragione della novità dell’istituto.

L’organismo – che deve avere sede nel circondario del tribunale competente ad esaminare la proposta di accordo – è scelto dal debitore e ha il compito di curare, oltre alle importanti incombenze sopra delineate, la predisposizione del piano di ristrutturazione, il raggiungimento dell’accordo e la buona riuscita dello stesso, finalizzata al superamento della crisi da sovraindebitamento; a tal fine l’organismo collabora con il debitore e con i creditori anche attraverso la modifica del piano oggetto della proposta di accordo.

La Legge 3/2012 prevede che gli enti pubblici possono costituire organismi con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità deputati alla composizione delle crisi da sovraindebitamento. Detti organismi dovranno avere un apposito regolamento e dovranno essere iscritti in un registro ad hoc che dovrà essere tenuto presso il Ministero della giustizia. I criteri e le modalità di iscrizione, cancellazione, ecc., dal registro, nonché la stessa formazione dell’elenco, dovranno peraltro essere determinati dal Ministro della giustizia entro 90 giorni dall’entrata in vigore della L. 3/2012.

Gli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel predetto registro.

I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono inoltre essere anche svolti da un professionista che potrebbe svolgere l’incarico di curatore fallimentare, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato.

Per quanto concerne i costi del procedimento, infine, è previsto che con decreto del Ministro della giustizia saranno stabilite, in considerazione del valore della procedura e delle finalità sociali della medesima, le tariffe applicabili all’attività svolta dai professionisti da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

La Procedura

 

LEGGE  27.01.2012 n. 3 CAPO II (artt. 6 – 20)

COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

PRESUPPOSTO: SOVRAINDEBITAMENTO (art. 6)

– Il debitore versa in una situazione, non assoggettabile a fallimento, di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore ad adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.

PROCEDURA TECNICA

1)   ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI (art. 7 – 8)

ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI realizzato CON L’AUSILIO DEGLI ORGANISMI DI COMPOSIZIONE (organismi iscritti in apposito elenco da parte del Ministero della giustizia ex art. 15 – di diritto gli ordini professionali degli avvocati, commercialisti, contabili, notai) che si deve basare su UN PIANO che preveda i tempi tecnici di pagamento, la suddivisione dei creditori anche in classi, i tempi tecnici e la liquidazione dei singoli assets, affidamento a terzi della gestione – liquidazione del patrimonio, cessione crediti futuri etc., ed è volto ad ASSICURARE IL PAGAMENTO DI TUTTI I CREDITORI ANCHE ESTRANEI ALL’ACCORDO E SOPRATTUTTO L’INTEGRALE PAGAMENTO DEI TITOLARI DI CREDITI PRIVILEGIATI (es. Banche – mutui fondiari, creditori ipotecari etc.) – salvo espressa rinuncia da parte degli stessi – e non deve in alcun modo pregiudicare i diritti dei creditori nei confronti dei coobligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso (art. 11) ed in alcun caso determina novazione della obbligazione originaria (art. 11).

La fattibilità del piano in caso di insufficienza dei beni del debitore a garantire la soddisfazione dei crediti deve essere garantita da uno o terzi, anche con fideiussioni ovvero conferimenti di beni o redditi (art. 8).

PRIMA BOCCATA D’OSSIGENO – Il piano può prevedere una MORATORIA FINO A 1 ANNO, per il pagamento dei creditori estranei al ricorrere dei presupposti ex art. 8.

2) DEPOSITO PROPOSTA DI ACCORDO IN TRIBUNALE (art. 9)

La proposta è depositata nel Tribunale del luogo dove il debitore ha la residenza ovvero la dove ha la sede principale l’impresa.

In allegato alla proposta il debitore deve depositare: (art. 9)

– Elenco di tutti i creditori con indicazione delle somme dovute.

– Elenco atti di disposizione patrimoniale compiuti negli ultimi 5 anni.

– Dichiarazione dei redditi ultimi 3 anni.

– Scritture contabili ultimi 3 esercizi ovvero in alternativa gli estratti conto bancari con attestazione di conformità all’originale.

– Attestazione fattibilità del piano.

– Stato di famiglia e composizione nucleo familiar.

– Elenco spese corrente necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia.

3) ATTIVITA’ SUCCESSIVE AL DEPOSITO DELLA PROPOSTA:

PRIMO LIVELLO. CONTROLLO – FILTRO DEL TRIBUNALE AI FINI DELLA AMMISSIBILIITA’ DELLA PROPOSTA (art. 10)

– Vaglio del giudice sull’ammissibilità della proposta e fissazione udienza con decreto.

– Comunicazione a tutti i creditori dell’udienza e pubblicità della proposta e del decreto nel registro delle Imprese.

– Prima udienza di trattazione – discussione della proposta.

– SECONDA “BOCCATA D’OSSIGENO” – SOSPESE FINO A 120 GIORNI DALLA UDIENZA DI DISCUSSIONE, SOTTO PENA DI NULLITA’, TUTTE LE AZIONI ESECUTIVE INDIVIDUALI, TUTTI I SEQUESTRI CONSERVATIVI E NON E’ CONSENTITA L’ACQUISIZIONE DI DIRITTI DI PRELAZIONE SUL PATRIMONIO DEL DEBITORE, salvo non si tratti chi crediti impignorabili (es. alimenti). DURANTE TALE PERIODO SONO SOSPESE LE PRESCRIZIONI E DECADENZE.

La sospensione opera una sola volta anche in luogo di successive proposte d’accordo.

L’udienza filtro concernente l’ammissibilità – fattibilità della proposta avviene in Camera di Consiglio. Si procede a norma degli artt. 737 e ss. Cpc.

Il Tribunale si pronuncia in composizione monocratica con decreto motivato impugnabile – (nel silenzio della legge si applica il cpc e pertanto – entro 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento (739 comma 2) – innanzi al medesimo Tribunale che si pronuncia in composizione collegiale – del collegio non fa parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

SECONDO LIVELLO. DISCUSSIONE E TRATTAZIONE DELLA PROPOSTA DA PARTE DEI SINGOLI CREDITORI E QUORUM RICHIESTO PER L’APPROVAZIONE (art. 11)

Una volta dichiarata ammissibile la proposta da parte del Tribunale, inizia la vera e propria trattazione della stessa in capo ai singoli creditori.

Le dichiarazioni di consenso e dissenso da parte dei creditori sono inviate all’organismo di composizione della crisi.

Precisamente: IN RIFERIMENTO AL QUORUM DI APPROVAZIONE NECESSARIO AI FINI DELLA OMOLOGAZIONE DELL’ACCORDO (art. 11)

– Se il debitore è una impresa non soggetta a fallimento: Ai fini della omologazione dell’accordo è necessario che venga raggiunta la percentuale del 70% dei creditori favorevoli.

Se tale percentuale viene raggiunta, l’organismo di composizione della crisi trasmette una relazione ai creditori con in allegato il testo dell’accordo. I creditori hanno 10 giorni dal ricevimento per sollevare contestazioni. Decorso tale termine, l’organismo di composizione della crisi, trasmette al Tribunale la relazione, l’accordo raggiunto, le eventuali contestazioni ricevute e una attestazione definitiva sulla fattibilità del piano (art. 12).

TERZO LIVELLO. OMOLOGAZIONE DELL’ACCORDO DA PARTE DEL TRIBUNALE (art. 12)

Verificati i predetti presupposti il Tribunale in composizione monocratica omologa con decreto motivato ex 737 cpc l’accordo raggiunto disponendo la pubblicazione presso il Registro delle Imprese.

Avverso il decreto di omologa è possibile proporre reclamo innanzi al Tribunale in composizione collegiale del quale non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento. (quanto al termine per proporre reclamo nel silenzio del decreto si applica il cpc e pertanto – entro 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento ex 739 comma 2).

– Svincolo somme e cancellazione della eventuale trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni pregiudizievoli e relative ai diritti di prelazione nonché ogni altro vincolo a fronte della omologa dell’accordo di ristrutturazione del debito (art. 13)

– PATOLOGIE NEL CORSO DELL’ATTUAZIONE DELL’ACCORDO.

– Risoluzione dell’accordo per mancato pagamento in generale da parte del debitore o prestazione che diviene impossibile (art. 14) – l’azione deve essere proposta a pena di decadenza entro 1 anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo (art.14)

– Revoca dell’accordo per mancato pagamento nei termini di legge della PA ed enti previdenziali : l’accordo e’ revocato di diritto se il debitore non provvede al pagamento integrale, entro 90 giorni dalle scadenze, dei crediti della pubblica amministrazione e degli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie. (art.11)

– Risoluzione dell’accordo per mancato pagamento dei creditori esterni all’accordo (art. 12)

– Risoluzione dell’accordo per fallimento del debitore (art. 12)

– Annullamento dell’accordo per dolo preordinato del debitore (art. 14, rilievi penali – 19)

Le predette azioni vengano esercitate a norma del 737 e ss. Cpc innanzi al Tribunale in composizione monocratica (art. 12, 14).

Nessun pregiudizio per i diritti acquisiti dai terzi in buona fede (art.14).

Estratto e rielaborato da http://professionistiperilcittadino.wordpress.com/

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