Il referendum questo sconosciuto

Il Referendum questo sconosciuto

 

La parola referendum riprende il gerundio latino del verbo refero, “riferisco” (nella frase ad referendum, “[chieder dei documenti, ecc.] per riferire”), e indica comunemente lo strumento attraverso cui il corpo elettorale viene consultato direttamente su temi specifici; esso è uno strumento di democrazia diretta, consente cioè agli elettori di fornire – senza intermediari – il proprio parere, o la propria decisione, su un tema oggetto di discussione.

L’importanza dell’istituto del referendum nel contesto istituzionale di uno Stato è data soprattutto dal fatto di essere un istituto gestito a democrazia diretta, amministrato cioè da tutti i cittadini con partecipazione diretta e non tramite i propri rappresentanti. È un segno di maturità politica e democratica di tutto un popolo ed è quindi logico trovarlo presente nelle Costituzioni di più schietta impronta democratica: nella Federazione Svizzera il referendum è di uso frequente e nei Cantoni minori (Appenzell, Glarona, Obwalden, ecc.) si può dire che costituisca il mezzo normale per l’esercizio del pubblico potere; in alcuni Stati degli USA interviene il referendum (recall) anche per la nomina di funzionari del potere esecutivo e di quello giudiziario mentre in altri (la maggioranza) il ricorso al referendum si limita all’ambito legislativo e non è previsto in campo federativo. Proprio il caso degli Stati Uniti si presta ad una considerazione: la sua Costituzione è stata fra le prime a presentare una matrice democratica e questa è ben ravvisabile nelle istituzioni conservatesi nei singoli Stati, ma a livello federale la netta prevalenza del potere esecutivo ha bloccato questo processo di democratizzazione degli istituti dando a volte origine ad aperti contrasti con i rappresentanti del Congresso. Grande importanza politica ebbe il referendum in Francia, dove ha costituito la chiave di volta nei momenti cruciali della sua storia politica in tutto il sec. XIX e nel XX: per riferirci solo ai più recenti, il referendum ha visto il popolo francese rigettare la proposta dei suoi dirigenti politici di ritornare nel 1945 al modello costituzionale della III Repubblica; nel 1946 bocciò anche il modello di nuova Costituzione preparato e approvò solo il secondo (13 ottobre 1946); nel 1958 il progetto costituzionale presentato da De Gaulle per la IV Repubblica fu approvato con referendum e nel 1968 fu ancora un referendum che convinse lo stesso De Gaulle a lasciare la presidenza della Repubblica. In Germania il referendum fu introdotto dalla Repubblica di Weimar (1919) ed in Spagna dalla Repubblica nel 1931. Oggi prevedono il ricorso al referendum la Danimarca, l’Irlanda, la Germania (ma solo per nuove divisioni dei Länder), l’Islanda (solo per modifiche allo Statuto della Chiesa nazionale), l’Austria, l’Australia.

In Italia il referendum abrogativo è previsto dall’art. 75 della Costituzione. Il testo costituzionale prevede fondamentalmente tre tipologie di referendum: abrogativo, territoriale e costituzionale.

Esistono opinioni diversificate relativamente al referendum, se per alcuni (come Rensi in La democrazia diretta) si tratta dello strumento di democrazia perfetto, per altri (esempio Labriola – Contro il referendum) è uno strumento pericoloso, dato l’alto rischio di manipolazioni e derive plebiscitarie. In sede di Assemblea costituente il referendum venne pensato quale strumento di utilizzo sporadico, le trasformazioni del panorama politico italiano nel tempo trascorso all’epoca dell’adozione della relativa legge di attuazione hanno portato tuttavia ad un ricorso sempre più frequente all’istituto che ha, conseguentemente, mutato profondamente i suoi tratti originari.

L’approccio adottato nella Costituzione Italiana è in qualche modo intermedio tra le due opinioni, perché il referendum è normalmente riservato all’abrogazione di leggi ordinarie. Solo in caso di modifiche alla Costituzione può essere indetto un referendum costituzionale (Art. 138 Cost.), di natura invece confermativa. In ambedue i casi il referendum appare orientato a proteggere l’ordinamento dello Stato più che a stimolare l’innovazione legislativa.

Le richieste di referendum sono soggette ad un duplice controllo, il primo, di tipo meramente tecnico, da parte dell’Ufficio centrale per il referendum, organo istituito dalla Legge n. 352/1970. Al controllo svolto dall’Ufficio centrale fa quindi seguito il giudizio circa l’ammissibilità delle richieste, spettante alla Corte costituzionale così come disposto dalla L. cost n. 1/1953, ruolo questo che va quindi ad aggiungersi a quelli già previsti all’ art. 134 Cost.

Referendum costituzionale

La Costituzione prevede che possano essere sottoposte a referendum le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali entro tre mesi dalla loro pubblicazione quando ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o 500.000 elettori o cinque Consigli regionali. Quando una legge è sottoposta a referendum non può essere promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non può però essere sottoposta a referendum la legge che nella seconda votazione sia stata approvata da ciascuna delle Camere con una maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Non è ammesso nella nostra Costituzione il referendum istituzionale, ossia quello che ha per oggetto la forma repubblicana (art. 139).

Referendum abrogativo

L’art. 75 della Costituzione prevede che, quando lo richiedano 500.000 elettori o cinque Consigli regionali, possa essere indetto referendum popolare per decidere sull’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge (decreto legge o decreto legislativo). Non è però ammesso il referendum abrogativo in materia tributaria e di bilancio, per le leggi di amnistia e d’indulto o di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Alla votazione deve partecipare la maggioranza degli aventi diritto al voto e deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Hanno diritto di votare tutti i cittadini che sono chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati, ossia i cittadini che hanno compiuto il diciottesimo anno di età.

Referendum per la modifica territoriale delle Regioni

L’art. 132 della Costituzione prevede che, con legge costituzionale e sentiti i Consigli regionali, si possa stabilire la fusione di Regioni o la costituzione di nuove Regioni che abbiano almeno un milione di abitanti, quando ne fanno richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni che sono a ciò interessate. La proposta deve essere approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni. Con legge dello Stato, previo referendum e sentiti i Consigli regionali, si può consentire che siano staccati da una Regione, per essere aggregati ad un’altra, Province o Comuni che ne facciano richiesta.

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