“Durante la rivoluzione, c’è stato un momento in cui non sono più riuscita a parlare con i miei amici perché il regime di Mubarak aveva bloccato internet. Ma facendo delle ricerche in rete, sono riuscita a capire come aggirare la censura. Bastava che ognuno cambiasse la data e la nazione dal computer che utilizzava. Il regime aveva bloccato sistematicamente i computer registrati al 2011 e in Egitto”. Così una giovane studentessa egiziana che vive in Italia ha dato il suo contributo alla diffusione delle informazioni che provenivano dal suo paese nei giorni in cui è crollato il regime di Mubarak.
In quei giorni di protesta, le donne non spiavano velate dalle finestre di casa come nei racconti di Tahar ben Jelloun, ma erano scese, solidali l’una con l’altra, a sconfiggere il nemico nelle piazze. Difficile dimenticare la foto scattata in Piazza Tahrir, al Cairo, di quella donna velata che di fronte ai poliziotti sfoggia con disinvoltura la bandiera del movimento anti-governativo del 6 aprile. Le donne hanno fatto molta strada dal 1911. Vediamo i loro volti nelle notizie che arrivano dall’Egitto, dalla Tunisia, dalla Libia, nelle storie racchiuse nel Mese Storico della Donna, marzo.
Nawara Belal, un’attivista egiziana, ha sognato per lungo tempo che nel suo Paese uomini e donne camminassero fianco a fianco. Il mese scorso ha vissuto questa realtà a Piazza Tahrir. «In quei momenti di felicità, abbiamo avuto il diritto di cantare e danzare liberamente, di abbracciarci tra di noi e con gli uomini. In quei momenti di paura e di delusione, non siamo state escluse», ha raccontato. Con la complicità degli uomini, a piazza Tahrir alcune “norme culturali” sono state rovesciate: le donne hanno potuto fumare in pubblico senza preoccuparsi di come erano vestite. In un Paese a prevalenza musulmana, maschi e femmine hanno sfidato il pudore dormendo insieme per strada e stringendosi tra grida di giubilo all’annuncio delle dimissioni di Mubarak.
Ma ora, Belal teme che l’ombra del regime torni ad affacciarsi, che quell’Egitto dove il 91 per cento delle donne tra i 15 e i 49 anni ha vissuto l’esperienza della mutilazione dei genitali e dove più della metà delle ragazze afferma di essere stata vittima di molestie sessuali, non sia davvero passato.
Una nazione non può raggiungere il suo pieno sviluppo con un braccio legato dietro la schiena. Da 100 anni, la Giornata internazionale della donna ricorda la forza di questo braccio, la necessità di celebrare la recente dimostrazione di coraggio e amore delle donne arabe e di garantire che raggiungano la libertà dall’oppressione. « La nostra speranza più sincera è quella di essere ricordate come le Donne della Rivoluzione, le donne che hanno cambiato la storia del loro Paese almeno quanto i loro compagni maschi», ha dichiarato Belal.
Com’è difficile dimenticare il canto di Emel Makloufi che in quei giorni di gennaio, nelle strade gremite di Tunisi, ha rapito i manifestanti con il suo canto poeticamente militante, poi divenuto inno della “rivolta dei gelsomini”. “Sono le persone libere che non hanno paura e che non dimenticano il diritto al pane”.
In Tunisia, l’emancipazione femminile non è una novità. “Le donne tunisine, a differenza degli altri paesi arabi, occupano uno spazio più ampio. Sono ovunque, nelle strade, nei caffè …”, racconta durante la conferenza Sondès ben Khalifa, giornalista tunisina di Radio Tunisienne. Di questo processo è stata responsabile la politica laica dell’ex dittatore Ben Ali. “Il destino ha voluto che gli si ritorcessero contro le persone a cui ha dato la parola”, constata Feden Fradi, la responsabile Copeam delle relazioni con il mondo arabo e dei progetti di coproduzione televisive.
Insomma, questa realtà al femminile esiste, e le donne della sponda sud del Mediterraneo lo sanno. Ed oggi, per noi della sponda Nord, non ci sono più tante scuse per non incuriosirsi e capire questa realtà. Internet, strumento democratico per eccellenza, ha dato voce a migliaia di blogger durante le rivoluzioni nord africane. “Noi giornalisti abbiamo sempre preso le notizie dalle agenzie di stampa. E invece, durante le rivoluzioni di Tunisi e del Cairo, abbiamo capito che era essenziale informarsi su social network come Facebook e Twitter”, afferma lman Sabbah, giornalista di Rainews.
E la democraticità di internet non sta solo nel fatto che tutti possono utilizzarlo, ma anche nel fatto che molti possono manipolarlo, governo e blogger. Le rivoluzioni si pagano caro, con feriti e morti. Ma le rivoluzioni permettono anche di compiere in un breve arco di tempo eventi straordinari. Ed aver visto e sentito il coraggio di quelle donne, rappresenta uno di quegli eventi che hanno cambiato per sempre la loro immagine nelle coscienze di tutti.