L’Impresa sociale

L’Impresa sociale

Il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 ha introdotto la figura dell’impresa sociale. Ai sensi dell’art. 1 del provvedimento normativo “possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale, e che hanno i requisiti di cui agli artt. 2 , 3 e 4 “.

La norma palesa dunque un concetto fondamentale per lo studio della figura. Non si tratta di una nuova specie di entità soggettiva. La locuzione “impresa sociale” non descrive una nuova tipologia di soggetto. Essa viene a qualificare quelle società, associazioni (riconosciute o meno), fondazioni, comitati che abbiano ad esercitare un’attività di tipo economico in un ben determinato settore. Si tratta della produzione o dello scambio di beni o di servizi di utilità sociale, attività teleologicamente diretta alla realizzazione di scopi di interesse generale. Tale ambito oggettivo è meglio precisato nell’art. 2 D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, mentre il successivo art. 3 si preoccupa di specificare l’assenza di ogni finalità lucrativa.

Ai sensi del predetto art. 2 si considerano beni e servizi di utilità sociale quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori:

a)  assistenza sociale, ai sensi della Legge 8 novembre 2000, n. 328, recante legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali;
b) assistenza sanitaria, per l’erogazione delle prestazioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2001, recante “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, e successive modificazioni, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’08 febbraio 2002;

c) assistenza socio-sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2001, recante “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001;
d) educazione, istruzione e formazione, ai sensi della Legge 28 marzo 2003, n. 53, recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale;
e) tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi della Legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione, con esclusione delle attività, esercitate abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
f) valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42;

g) turismo sociale, di cui all’articolo 7, X comma, della Legge 29 marzo 2001, n. 135, recante riforma della legislazione nazionale del turismo;

h) formazione universitaria e post-universitaria;

i) ricerca ed erogazione di servizi culturali;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo;

m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale.

Il II comma della norma in considerazione apri amplia (in misura pressochè indifferenziata e del tutto indipendente rispetto all’ambito appena descritto) infine il novero delle attività che possono essere esercitate dall’impresa sociale in riferimento all’impiego di lavoratori svantaggiati e disabili.

Il III comma dello stesso art. 2 D.Lgs.. cit., precisa inoltre la nozione di “attività principale”. Per attività principale deve intendersi quella per la quale i relativi ricavi sono superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell’organizzazione che esercita l’impresa sociale.
Come già detto, l’impresa sociale è connotata dall’assenza della finalità lucrativa. L’art. 3 del D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 è espressamente dedicato a questo aspetto. Ai sensi del I comma della detta norma L‘organizzazione che esercita un’impresa sociale destina gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio”. Per tale motivo “è vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonchè fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori.”

Non basta: la norma si occupa di precisare anche alcune operazioni che sono considerate alla stregua di un’indiretta distribuzione di utili. Si tratta delle seguenti:

a) la corresponsione agli amministratori di compensi superiori a quelli previsti nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ed, in ogni caso, con un incremento massimo del venti per cento;

b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori a quelli previsti dai contratti o accordi collettivi per le medesime qualifiche, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche professionalità;

c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e agli intermediari finanziari autorizzati, superiori di cinque punti percentuali al tasso ufficiale di riferimento.

Il II comma dell’art. 1 D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 contiene anche una prescrizione d’ordine negativo, precisando che le amministrazioni pubbliche non acquisiscono la qualifica di impresa sociale. di cui all’art. 1, II comma, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi

Per quanto attiene agli enti ecclesiastici ed agli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, l’applicabilità delle speciali norme dettate in tema di impresa sociale è subordinata alla condizione che, per tali attività, le stesse adottino un regolamento, in forma di scrittura privata autenticata, che recepisca le norme del decreto. Tale regolamento deve contenere i requisiti che sono richiesti dal presente decreto per gli atti costitutivi. Difficoltà presenta questo riferimento alla forma della semplice scrittura privata autenticata se posto in relazione al ben più rigoroso aspetto formale dell’atto pubblico richiesto, sia pure ai fini della costituzione dell’impresa sociale, dall’art. 5 D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155. Infatti ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 l‘organizzazione che esercita un’impresa sociale deve essere costituita con atto pubblico. Al di là dell’infelice formulazione della norma, essa indubbiamente introduce la stipulazione per atto pubblico quale necessario formalismo ad substantiam actus.

Oltre a ciò la disposizione esplicita un rinvio per relationem alla specificità del substrato soggettivo. Dal momento che possono assumere la qualità di “impresa sociale” società a base personale e società di capitali, associazioni riconosciute e non riconosciute, comitati e società cooperative, occorrerà che l’atto costitutivo espliciti i requisiti peculiari di ciascun tipo di ente.
In aggiunta a tali requisiti, l’art. 5 prescrive che gli atti costitutivi debbano esplicitare il carattere sociale dell’impresa in conformità alle norme del presente decreto ed in particolare indicare i seguenti elementi:

a) l’oggetto sociale, con particolare riferimento alle disposizioni di cui all’art. 2 ;

b) l’assenza di scopo di lucro di cui all’art. 3 .

Il II comma dell’art. 5 qui in esame prosegue scandendo aspetti procedimentali connessi alla fase della costituzione. A tal fine “gli atti costitutivi, le loro modificazioni e gli altri fatti relativi all’impresa devono essere depositati entro trenta giorni a cura del notaio o degli amministratori presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale, per l’iscrizione in apposita sezione”. Dunque è stata prevista l’istituzione presso il Registro delle Imprese di un’ulteriore sezione speciale (cfr., per le società semplici che esercitano attività agricola, l’art. 2 D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228). Al riguardo è stata emanata una specifica normativa che assume in specifico esame la documentazione da depositare ai fini dell’iscrizione ed i controlli da esercitarsi da parte dell’Ufficio (D.M. 24 gennaio 2008).

 

 

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