Nuova disciplina dei permessi ai familiari e genitori di Disabili. Le modifiche della L.104-92

La legge n.183/2010, entrata in vigore il 24.11.2010, è un provvedimento contenente le norme in materia di lavoro e welfare e collegato alla manovra finanziaria per gli anni 2009/2013.

Contiene norme in materia di lavori usuranti, riorganizzazione di enti, congedi, aspettative e permessi, ammortizzatori sociali, servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione, apprendistato, occupazione femminile e, infine, misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.

Queste in sintesi le Modifiche relative alla L.104/92 per i Familiari di persone Disabili.

L’articolo 24 della Legge n. 183/2010  interviene sull’articolo 33 della legge 104/92 apportando modifiche ai criteri che regolano la concessione delle agevolazioni lavorative per i lavoratori che assistono familiari con handicap grave.

La norma così modificata, valida sia per il settore pubblico che per quello privato, entra in vigore il 24 novembre 2010.

1) Il diritto ad assistere un familiare disabile : il lavoratore ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile, retribuiti e coperti da contribuzione figurativa, per assistere un familiare disabile, a condizione che:

a) il familiare disabile non sia ricoverato a tempo pieno

b) si tratti di coniuge, parente o affine entro il 2° grado . Nel caso di parenti sono ammessi i  permessi per assistere figli, genitori, fratelli e sorelle, nonni e nipoti diretti; mentre sono esclusi gli zii del disabile, i nipoti di cui egli è zio, i bisnonni).

Nel caso di affini sono possibili i permessi per assistere suoceri, genero, nuora e cognati (o cognate). Tuttavia, questa limitazione può essere derogata ed é consentito al lavoratore di assistere un familiare o affine entro il 3° grad o, nel caso in cui i genitori o il coniuge del disabile

a) abbiano compiuto i 65 anni

b) siano affetti da patologie invalidanti

c) siano deceduti

d) siano mancanti

Pertanto i beneficiari dei permessi sono: coniuge, genitori, parenti o affini entro il 2° grado o entro il 3° grado nei casi sopraelencati. Non è chiaro cosa intenda il legislatore con il termine “mancanti”; attendiamo le disposizioni attuative.

L’articolo 33 così novellato inoltre dispone che non è consentito a più lavoratori di fruire dei permessi per assistere lo stesso familiare disabile

Per quanto riguarda la copertura contributiva dei permessi, la legge 183/2010 prevede il diritto alla contribuzione figurativa per tutti i lavoratori che fruiscono dei permessi dell’articolo 33.

Ricovero a tempo pieno: il nuovo comma 3 dell’articolo 33 della legge 104/92 ribadisce che la persona disabile non deve essere ricoverata a tempo pieno perché il familiare lavoratore abbia diritto ai permessi. Gli Istituti previdenziali ritengono che il “ricovero a tempo pieno” si perfeziona quando la persona gravemente disabile é ricoverata per le “intere 24 ore”.

Fanno eccezione:

a) ricovero in struttura ospedaliera finalizzato ad intervento chirurgico o al ricovero a scopo riabilitativo di un bambino di età inferiore a 3 anni, con grave disabilità, per il quale gli stessi sanitari certificano il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare (parente o affine entro il 2°).

b) ricovero in struttura ospedaliera di una persona con grave disabilità che “si trovi in coma vigile e/o in situazione terminale”. Nel settore privato la compatibilità del ricovero con il permesso va valutata dal dirigente medico legale della sede INPS competente per territorio.

La convivenza non é richiesta ai fini del diritto ai permessi. Inoltre, la parziale modifica dell’articolo 20 della legge 53/2000 ha soppresso la previsione, in caso di non convivenza, della necessità di una assistenza continua ed esclusiva da parte del lavoratore che fruisce dei permessi per assistere un parente o affine.

Nota: l’eliminazione della necessità di convivenza con il familiare disabile ed anche dei requisiti sostitutivi della convivenza -l’esclusività e la continuità dell’assistenza prestata – è in linea con la giurisprudenza, richiamata anche dall’Inps nella circolare n. 90/2007.

 

2) Il diritto ad assistere il figlio disabile : entrambi i genitori, anche adottivi o affidatari, possono assistere il figlio disabile grave fruendo dei permessi alternativamente. Il genitore ha diritto alle agevolazioni dell’articolo 33 anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.

Nel caso di figlio disabile di età superiore ai tre anni, entrambi i genitori possono fruire dei permessi alternativamente anche in maniera continuativa nel mese.

Si tratta di una modalità di fruizione dei permessi già ampiamente utilizzata.

Se il figlio da assistere è maggiorenne non è più necessario che sussista la condizione di convivenza con il figlio, come già indicato, e, in assenza di convivenza, non è più richiesto che l’assistenza venga prestata in via continuativa ed esclusiva.

Nota: l’abrogazione del comma 3 dell’art. 42 del Dlgs 151/01 fa sì che non sia più necessario che i genitori che assistono un figlio non convivente- di dimostrare l’esclusività e la continuità dell’assistenza prestata.

 

3) Il diritto al trasferimento : il lavoratore che assiste un familiare disabile ha diritto a scegliere, se possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso.

 

Nota: precedentemente la norma prevedeva il diritto del lavoratore al trasferimento vicino al proprio domicilio. Diritto che è invece mantenuto nei confronti del lavoratore disabile per il quale la norma non è cambiata.

 

4) L’accertamento dei requisiti : il lavoratore che assiste un familiare disabile perde il diritto alle agevolazioni lavorative se il datore di lavoro o l’Inps accertano l’insussistenza o il venir meno dei requisiti richiesti per la loro fruizione. E’ prevista la possibilità di un’azione disciplinare nei confronti del lavoratore.

Anche in questa occasione ribadiamo, a scanso di equivoci, che la fruizione di permessi e congedi per handicap è un diritto esigibile che il datore di lavoro non può negare al lavoratore.

In proposito citiamo la sentenza della Corte di Cassazione del 2005 dove si afferma che il datore di lavoro «…è legittimato a verificare l’esistenza dei presupposti di legge per la concessione rispetto alla quale non ha alcuna ulteriore discrezionalità…». Questo significa che il datore di lavoro non può rifiutare i permessi al lavoratore, ma ha l’obbligo solo di controllare la regolarità della fruizione dei permessi in base alla legge.

La giurisprudenza sostiene che il diritto alle agevolazioni lavorative non è subordinato alla disponibilità del datore di lavoro, mentre la regolare modalità di fruizione dei permessi è invece oggetto di un accordo fra le parti. Lo stesso principio è ribadito dal Ministero del Lavoro con l’interpello n. 31 del 2010.

Nel settore pubblico è l’Ente datore di lavoro che accerta il diritto alle agevolazioni verificando la sussistenza dei requisiti di legge4, e retribuisce direttamente i giorni o le ore di permesso, concordando con il dipendente la modalità di fruizione degli stessi.

Dichiarazioni difformi dal vero possono avere conseguenze penali alle quali si aggiunge la revoca del provvedimento concessivo del beneficio. Infatti richiamandosi all’articolo 11 del d.p.r. 403/98, l’INPDAP già nel 2000 ha sollecitato le amministrazioni a procedere ad idonei controlli, anche a campione, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive. Inoltre, il dipendente pubblico deve rilasciare annualmente, con atto notorio, una dichiarazione di vigenza dei requisiti prescritti.

Indicazioni

Coloro che hanno sinora beneficiato dei tre giorni retribuiti al mese per l’assistenza al familiare, con un grado di parentela o affinità del 3° grado, si vedranno revocare il diritto alle agevolazioni concesse, salvo che si possano avvalere della deroga.

Infine, ricordiamo che queste nuove disposizioni saranno oggetto di circolari applicative ministeriali e degli istituti previdenziali.