La scelta dei principali ordinamenti giuridici europei di riconoscere la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per fatto illecito, nonché le indicazioni in tal senso da parte degli organismi di diritto comunitario, hanno senza dubbio influenzato il legislatore italiano, il quale, dopo tanti tentennamenti, ha nel 2001 provveduto a riconoscere questo importante principio.
Il D. lgs. 231/01 ha dunque comportato l’affermazione di una regola di segno diametralmente opposto a quanto in precedenza pacificamente condiviso e cristallizzato nel brocardo latino “ societas delinquere non potest ”. Alla luce di ciò la responsabilità è prevista espressamente in capo alle società ed agli enti, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano dotati di personalità giuridica. Presupposto fondamentale è che il reato sia commesso a favore o a vantaggio dell’ente o come indicato nell’art 5, lettera a) da persone che verso lo stesso ricoprono funzioni di rappresentanza, amministrazione, direzione, gestione o controllo dello stesso, nonché come da lettera b), da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti indicati nella lettera a).
È nel testo della stessa legge che sono indicati i reati, raggruppati secondo il bene giuridico leso, tra i principali figurano:
– delitti contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione, truffa aggravata ai danni dello Stato, malversazione ai danni dello Stato o di altri Enti Pubblici);
– reati societari (false comunicazioni sociali, impedito controllo, formazione fittizia del capitale, illegale ripartizione degli utili e delle riserve, aggiotaggio);
– delitti contro la fede pubblica;
– delitti contro la personalità individuale;
– reati di abuso di mercato;
– reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commesse in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della sicurezza e dell’igiene sul posto di lavoro (art 25 septies aggiunto dalla L. 123/07 art 9).
Le sanzioni applicate per gli illeciti amministrativi possono avere natura pecuniaria, interdittiva, o consistere nella confisca e nella pubblicazione della sentenza di condanna. In caso di sanzione pecuniaria il quantum dovuto è calcolato dal giudice per quote, tenuto conto del valore della società.
Tuttavia l’art 6 offre un’esimente a tale responsabilità, la stessa consiste nell’adozione da parte dell’ente di un modello organizzativo. Compito di tali modelli è in primis quello di individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati contemplati nel decreto. In secondo luogo quello di prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione di misure idonee a prevenire la commissione degli stessi, nonché istituire un organismo di vigilanza, il quale nel rispetto di quanto sarà prefissato in un regolamento ad hoc, andrà ad attuare ed eventualmente ad aggiornare il modello organizzativo vigilando affinché lo stesso sia rispettato da parte di tutti i destinatari. Il modello organizzativo è personalizzato vale a dire che cambia in funzione del tipo di società, delle dimensioni, dell’attività concretamente svolta, si presta dunque ad un ventaglio d’infinite realtà senza creare nocumento alcuno all’attività dell’ente. L’adozione di questo modello è facoltativa, in tal senso, infatti, non hanno minimamente infierito le modifiche apportate al D. leg. 231/01 dalla L. 123/07 e successivamente dall’ex art. 30 del D. lgs 81/08, ma la scelta di dotarsi di un modello non solo mette al riparo dalla responsabilità amministrativa (tra le varie pronunce vale la pena ricordare la sentenza del 17 novembre 2009 emessa dal Tribunale di Milano con la quale è stata assolta una società per azioni accusata di aggiotaggio informatico proprio perché la stessa già da tempo e comunque precedentemente al reato si era dotata di un modello organizzativo idoneo) ma riduce i rischi, migliora la governance e protegge il valore aziendale.