Il Debito Pubblico Italiano. La Verità poco conosciuta

Il Debito Pubblico Italiano. La Verità poco conosciuta.

 

Il debito pubblico italiano ha ormai raggiunto in valore nominale quota 2.000 miliardi di euro, mentre la sua incidenza sul prodotto interno lordo era – a fine 2012 – pari al 127 per cento. È un fardello che condizionerà le scelte di politica economica per i prossimi anni: vediamo in che anni si è formato.

Fino agli inizi degli anni ’80 il rapporto tra Debito Pubblico e ricchezza prodotta dal Nostro paese (Pil) era intorno al 60%, ovvero perfettamente in linea e sotto controllo, poiché producevamo ricchezza e spedavamo un po’ di più, ma con un rapporto sostenibile. Poi cosa è successo?

Dal 1981 la Banca d’Italia, per decisione di Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi, ha smesso di monetizzare il debito pubblico che è schizzato alle stelle. Una storia che si è ripetuta, amplificata, con l’Euro e la BCE.


Era il luglio del 1981, quando su proposta di legge del ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, Banca d’Italia non entrò più nelle aste primarie di collocamento dei titoli di Stato come prestatore di ultima di istanza (per comprare i titoli di stato invenduti o calmierare le aste nel caso in cui le offerte degli investitori privati fossero state troppo basse) lasciando campo libero alle banche private, agli operatori e agli speculatori finanziari che come ampiamente prevedibile cominciarono a scannarsi alla ricerca del maggiore rendimento. In parole semplici Le Banche Private hanno cominciato a comprare il Debito Pubblico Italiano senza Freni, ma all’epoca non si sapeva che le stesse Banche erano già le Titolari delle quote di maggioranza della Banca d’Italia!

Il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta giustificò questa sua bravata del divorzio di Banca d’Italia dicendo che voleva interrompere la politica dei soldi facili per abbassare il debito pubblico, ridurre l’inflazione e consentire all’Italia di entrare nei rigidi parametri dello SME (Sistema Monetario Europeo, ovvero l’anticamera dell’Unione Europea), ma l’effetto che provocò fu esattamente il contrario perché poco dopo il divorzio fra Banca d’Italia e lo Stato il debito pubblico cominciò a crescere in modo galoppante, diventando in sostanza quell’enorme massa di debito che ci portiamo avanti fino ad oggi.

Infatti è utile ricordare che nel 1981, quando il ministro Andreatta sancì il divorzio fra Banca d’Italia e lo Stato, nessuno poteva immaginare che la Banca d’Italia nazionale fosse già da tempo passata in mano privata (il capitale della Banca d’Italia è partecipato tutt’oggi dalle principali banche private come Unicredit, Banca Intesa e Banca Montepaschi di Siena, mentre solo il 5% della proprietà appartiene ad enti pubblici), perchè l’inchiesta che svelò la lista degli anonimi azionisti privati di Banca d’Italia, che ingenuamente molti ritenevano un’istituzione pubblica, è solo del 2005.

L’attuale debito pubblico italiano si formò tra gli anni ’80 e ’90, passando dal 57,7% sul Pil nel 1980 al 124,3% nel 1994 da allora spesa per interessi sul debito pubblico, che fu sempre molto più alta di quella degli altri Paesi. La spesa per interessi crebbe in Italia dall’8% del Pil nel 1984 all’11,4%, livello di gran lunga maggiore del resto d’Europa.

Nel 1993 il divario tra i tassi d’interesse fu addirittura triplo, il 13% in Italia contro il 4,4% della zona euro e il 4,3% della Ue.

Pertanto l’attuale Debito Pubblico è dovuto non dalla eccessiva Spesa, ma dall’enorme Massa di Interessi passivi pagati alle Banche Private. Nel sistema della BCE il concetto non è cambiato, anzi come abbiamo visto è peggiorato.

Ne consegue, dati alla mano, che l’attuale Crisi finanziaria Italiana e l’enorme Debito che grava sul futuro della Nazione ha responsabilità ben precise e non è attribuibile alla Spesa Pubblica ma solo ed esclusivamente agli interessi passivi pagati a Banche private.