Tribunale di Roma, Sezione 1, Sentenza 9 gennaio 2012, n. 198
Divorzio ‐ Figli ‐ Comportamento del coniuge ‐ Mancata corresponsione assegno ‐ Mancato esercizio diritto
di visita ‐ Affidamento condiviso ‐ Applicabilità ‐ Esclusione. (Cc, artt. 155, 155 bis; L. 01.12.1970 n. 898)
La perdurante violazione, da parte di uno dei coniugi, all’obbligo di corrispondere l’assegno di
mantenimento in favore dei figli è fortemente sintomatica dell’insussistenza di qualsivoglia volontà da parte
di costui di fronteggiare i bisogni materiali dei propri figli in quanto l’obbligo di un genitore di provvedere al
mantenimento della prole implica il dovere di soddisfare primariamente le esigenze dei figli stessi e quindi
di anteporre le loro esigenze alle proprie. Tale inadempienza, unitamente al discontinuo esercizio del diritto
di visita da parte dello stesso genitore, implicano una condotta altamente sintomatica della sua inidoneità
ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta, cui è tenuto in ugual misura
anche il genitore con il quale il figlio non conviva stabilmente, tale da determinare una situazione di
contrarietà all’interesse del minore, ostativa per legge all’applicazione della regola dell’affido congiunto
Tribunale di Roma, Sezione 1, Sentenza 9 gennaio 2012, n. 198
Assegno divorzile ‐ Funzione assistenziale ‐ Condizione necessaria ‐ Mancanza di mezzi adeguati in capo al
richiedente ‐ Valutazione ‐ Criteri ‐ Specificazione legislativa ‐ Caso concreto. (L. 01.12.1970, n. 898, art. 5)
L’assegno divorzile ha un funzione esclusivamente assistenziale ed è condizionato alla mancanza di mezzi
adeguati in capo al coniuge richiedente, con valutazione da effettuarsi avuto riguardo a quanto necessario
per mantenere il precedente tenore di vita matrimoniale o un tenore analogo. In merito alla
determinazione in concreto del quantum dovuto dall’un coniuge all’altro a titolo di assegno divorzile, si
rivela necessario tenere conto dei vari criteri di legge operanti quali fattori di moderazione e di diminuzione
delle somme considerate in astratto, tale da potersi pervenire anche alla negazione del diritto all’assegno.
Siffatti criteri, in ogni caso, sono individuati dal legislatore nell’art. 5, comma sesto, L. n. 898 del 1970, ove
si fa riferimento alle condizioni personali ed al reddito dei coniugi, alle ragioni della decisione, ovvero alla
complessiva condotta dei coniugi per tutta la durata del vincolo matrimoniale, al contributo personale ed
economico da ciascuno di essi fornito alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di
ciascuno e comune. Tali elementi, inoltre, devono essere valutati alla stregua della durata del matrimonio,
quale parametro fondamentale di filtro attraverso il quale devono essere esaminati e considerati gli altri
fattori. (Fattispecie avente ad oggetto la ritenuta legittima attribuzione dell’assegno divorzile in favore del
coniuge convivente con i figli, tenuto conto della durata del matrimonio e del contributo personale dato dal
medesimo alla conduzione familiare).
Tribunale di Trento, Sentenza 16 gennaio 2012, n. 69
Divorzio ‐ Mantenimento dei figli ‐ Assegno ‐ Determinazione ‐ Criteri ‐ Fondamento. (Cc, art. 148)
La valutazione delle condizioni economiche delle parti ai sensi dell’art 148 c.c., al fine della determinazione
dell’assegno di mantenimento in favore dei figli, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi
nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni
patrimoniali reddituali dei coniugi. Pertanto il giudice non deve considerare soltanto il reddito emergente
dalla documentazione prodotta in giudizio dalle parti, ma deve tenere conto anche di altri elementi,
apprezzabili in termini economici, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali le disponibilità
monetarie di qualsiasi natura, le capacità professionali e tutte le potenzialità in termini di redditività. Tanto
in quanto il mantenimento deve essere quantificato non solo in considerazione delle esigenze dei figli, in
relazione all’età e alle necessità di inserimento lavorativo e sociale, ma anche in rapporto al tenore di vita
goduto in costanza di convivenza degli stessi con entrambi i genitori.
Corte d’Appello di Roma, Sezione della Persona e della Famiglia, Sentenza 13 gennaio 2012, n. 187
Separazione ‐ Casa coniugale ‐ Assegnazione ‐ Funzione ‐ Tutela dei figli ‐ Fattispecie. (Cc, art. 155 quater)
La funzione dell’assegnazione della casa coniugale è esclusivamente quella di garantire ai figli minori o
comunque conviventi, la salvaguardia del centro degli affetti e delle relazioni sociali costituito dal
permanere degli stessi nella casa dove vivono, senza che il disfacimento dell’unità della famiglia comporti il
totale stravolgimento della loro esistenza, anche dal punto di vista abitativo, e ciò ad esclusiva tutela delle
esigenze di equilibrio psicologico di questi ultimi. In ogni caso tale assegnazione non può considerarsi
funzionale ad esigenze di perequazione patrimoniale tra i coniugi, alle quali è correlato, in sede di
separazione, l’assegno di mantenimento ovvero, successivamente, l’assegno divorzile. (Nella fattispecie la
Corte dopo aver rigettato la richiesta, formulata dal marito, di collocazione dei figli presso di lui, sulla base
dell’esposto principio rigettava anche la richiesta dello stesso di assegnazione della casa coniugale).
Corte d’Appello di Roma, Sezione della Persona e della Famiglia, Sentenza 13 gennaio 2012, n. 188
Divorzio ‐ Assegno ‐ Determinazione ‐ Miglioramento condizioni economiche ‐ Rilevanza ‐ Sussistenza ‐
Condizioni e limiti. (L. 01.12.1970, n. 898)
Nel determinare l’assegno di divorzio, il giudice deve tenere conto degli eventuali miglioramenti della
situazione economica del coniuge nei cui confronti viene richiesto il versamento, anche se successivi alla
cessazione della convivenza, qualora costituiscano sviluppi naturali prevedibili dell’attività svolta durante il
matrimonio e trovino radice nell’attività all’epoca svolta, nel tipo di qualificazione professionale e nella
collocazione sociale dell’onerato.
Corte d’Appello di Roma, Sezione della Persona e della Famiglia, Sentenza 13 gennaio 2012, n. 191
Separazione personale ‐ Comportamenti violenti ‐ Pronuncia con addebito ‐ Sufficienza. (Cc, art. 151)
I fatti accertati a carico di un coniuge, che costituiscano violazioni di norme di condotta imperative ed
inderogabili, come l’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità
fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, costituiscono violazioni dei doveri nascenti dal matrimonio
talmente gravi da fondare, di per sé soli, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause
determinanti di intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore
di esse. Sempre la gravità di tali condotte è tale da esonerare il giudice di merito, che abbia accertato
siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il
comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro
estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.
Corte d’Appello di Roma, Sezione della Persona e della Famiglia, Sentenza 13 gennaio 2012, n. 199
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